Desidero ricordare, raccontando la storia di Nina, quella parte di umanità, che in un tempo non molto lontano, veniva trascurata, maltrattata e abbandonata alla solitudine della malattia e segregata in “manicomio”. All’interno di questi luoghi avvenivano sperimentazioni mediche e violenze di ogni genere. Nina, ha 16 anni quando, nel 1967, viene internata al Leonardo Bianchi di Napoli. Il suo ricovero dura 2812 giorni, la maggior parte legata ad un letto, mentre le vengono praticati più di 40 coma insulinici, decine di attacchi febbrili e 40 elettroshock, insieme alla somministrazione di dosi massicce di neurolettici. Gli psichiatri, nel tempo, la descrivono piagnucolante, querula, fatua, abulica, lurida.

Nella notte di Pasqua del 1975, a 24 anni, a seguito di un litigio con una ricoverata, non avendo ricevuto alcuna assistenza, muore in un letto della “sezione agitati”, dopo 4 ore di agonia. La Procura aprirà un fascicolo ma il caso non giungerà mai in tribunale: i giornali locali, nei giorni successivi al suo decesso, titoleranno “Colpita alla testa è morta una pazza”